Un design emozionale e sperimentale
Designer generation

Un design emozionale e sperimentale

Multitasking e dalla inesauribile fantasia, è una mente poliedrica capace di declinare la creatività in ogni sfumatura della progettazione di prodotto, lavorando su idee sempre innovative, capaci di raccontare una storia.

Definirla “solo” una designer sarebbe riduttivo. Ilaria Marelli è innanzitutto un vulcano di idee, che si esprimono nelle collaborazioni con alcune delle aziende internazionali più famose, e trovano sfogo anche nelle sue passioni e nei diversi campi in cui si è cimentata, durante la sua carriera.

 

Ha disegnato per: Ethimo, Tivoli Audio, Cappellini, Nemo, Fiam, Zanotta e Olivieri - senza contare Slide, Horm, Casamania, IVV, MADE.com, E&Y, Coro, Nic Design e Coin - creando prodotti e collezioni, tra produzione in serie e sviluppo di pezzi unici per mostre internazionali. Inoltre, si occupa di allestimenti e interior legati al mondo della moda e del design, curando dal 2006 l’art direction di intere sezioni espositive di Pitti moda, e progetta concept store e showroom in Europa, Giappone, Cina e Stati Uniti, coordinando tutto dall’idea iniziale alla sua realizzazione.

 

Interessata agli aspetti sociali e culturali della progettazione stessa, ha promosso con Ezio Manzini il primo progetto sul cohousing in Italia, ha collaborato con Poli.design su temi di ricerca applica. In più, dal 2002 è Professore incaricato presso il Politecnico di Milano e, dal 2021, è docente di Design alla Naba di Milano. Ha vinto numerosi premi, tra cui “Milano Donna” nel 2008 e “AlumniPolimi Award” nel 2015 per l’Architettura.

 

 

Data la fama che ti precede, chi è Ilaria Marelli?

 

Sono architetto e designer, ma lavoro nell’ambito del design a 360°: mi occupo di art direction, interni, allestimenti e prodotto. Nel mio campo, la creatività dev’essere emozionale, innovativa e sostenibile al tempo stesso e, imprescindibile, si deve creare la giusta comunicazione con aziende, che non sono solo semplici clienti ma veri partner nella creazione di qualcosa di speciale, con cui condivido subito le idee.

 

 

Puoi citare qualcuno dei tuoi (tanti) progetti legati alla casa?

 

Ecco un trittico: la prima Ara – la mia prima lampada – essenziale e versatile, nel creare diversi paesaggi luminosi, per bilanciare luce naturale/artificiale ma soprattutto per seguire le emozioni personali; il secondo è Calipso, un sistema di divani outdoor da configurare e riconfigurare a piacere per un relax “dinamico”. Infine, Sedimenti: vasi in vetro soffiati su tralci di vite toscana, ognuno unico nelle forme

 

 

Nella progettazione di un arredo o un complemento, qual è il tuo primo pensiero?

 

Creare un oggetto che sia in grado di dare emozione, ma che sia anche fruibile e versatile nell’uso, così da concretizzare un legame affettivo con le persone: un prodotto che si sceglie in primis perché fa sognare, ma che nella quotidianità funziona bene!

 

 

Funzionalità ed estetica. Un binomio imprescindibile ma, secondo te, si equivalgono o una domina l'altra?

 

Un po’ neoplatonica, sono per l’equivalenza bello/buono: i prodotti devono avere un senso nel nostro abitare e vivere, per cui possono avere tratti più funzionali, oppure più poetici a seconda dell’uso per cui sono disegnati: ma cerco sempre di non penalizzare nessuno dei due aspetti. Perché un oggetto con prevalenti finalità tecniche non può essere piacevole?

 

 

Cosa ti piacerebbe progettare per la casa, con un budget illimitato, che secondo te ancora non esiste?

 

Ammetto che il budget illimitato è una condizione di progetto che non ho mai sperimentato, anche se penso che avere dei limiti molto vincolanti spesso sproni ad avere le idee migliori. Pensando alla recente collezione COMO per STEELES, nata dall’idea di convivialità intorno al fuoco, mi piacerebbe progettare qualcosa di simile per il living, una sorta di oggetto/luogo dove si possa tornare a una convivialità primaria, quasi basic: il sedersi in cerchio, raccontarsi storie, giocare e ridere.

 

Non deve essere per forza un oggetto fisico, posso pensare a una sorta di “focolare virtuale” che sproni all’interazione in maniera creativa.  Mai come ora penso che abbiamo bisogno di socialità positiva a partire dai contesti più familiari.

 

 

Fiere di settore: dal tuo punto di vista, sono utili o dovrebbero impegnarsi nel migliorare qualcosa? 

 

Le fiere sono sempre state un luogo di relazione, di scambio di esperienze: se in passato però il format era costruito intorno alla “vetrina di prodotti da mostrare ai buyer”, per cui i risultati erano configurati come vendite. Oggi nel settore design abbiamo tutti chiaro il valore di relazione, di confronto e esperienziale di questi eventi: quanti contatti interessanti ho attivato? Cosa ho imparato? Quali nuove possibilità di collaborazioni interdisciplinari?

 

Queste manifestazioni si devono quindi ripensare per creare contenuti di interesse per espositori e pubblico, per facilitare il networking, per aggiornare sulle tendenze e sull’innovazione, tenendo presente che per una fiera  “di riferimento” del settore, i format vincenti di oggi vedono fiere/eventi settoriali, costruiti intorno a ambiti specifici, snelli nell’impostazione, nel budget per gli espositori e nelle modalità di visita e fruizione per gli utenti, e spesso internazionali perché itineranti.

 

 

ilariamarelli.com