Il mondo in una stanza
Way of Living

Il mondo in una stanza

Le nuove identità dello spazio domestico fra analogico e digitale

testo di Francesco Scullica*

 

 

Negli ultimi anni la pandemia ha portato ad un ripensamento dell’abitare domestico, che ha (ri)collocato questo ambito, soprattutto nei centri urbani, in maniera più centrale rispetto ad una posizione subordinata e complementare che la casa aveva acquisito fino al  periodo immediatamente  precedente all’emergenza COVID 19, nei confronti di altri luoghi, spazi e tipologie:  gli spazi ufficio-lavoro,  quelli per la  ristorazione, per l’intrattenimento, per l’esposizione e la cultura, per il benessere e la cura, dove ognuno aveva trascorso la maggior parte del suo tempo. La casa, durante il lockdown è diventata nuovamente e archetipicamente un “rifugio” contro l’emergenza, ma anche un luogo denso di attività e relazioni, soprattutto attraverso le nuove tecnologie. 

 

 

A casa si sta bene

 

Lo spazio domestico è sempre più all’insegna del wellbeing

 

Trascorso quel periodo di “emergenza sanitaria” ma anche “relazionale”, con una fortissima accelerazione delle tecnologie del digitale, da una parte si sono riattivate le relazioni spazio-funzionali e relazionali fra la casa e gli altri luoghi della nostra quotidianità, ma d’altra parte sia la casa, ma anche tanti altri ambiti, hanno subito notevoli cambiamenti e trasformazioni. 

 

Le case, e in particolare quelle localizzate nelle grandi aree urbane, si sono così configurate soprattutto come ambito per il riposo, il relax, la rigenerazione ma anche la “salvaguardia” di “sé”, rispetto a uno spazio “esterno”, inteso come luogo spesso da cui “proteggersi” (e la pandemia ha spesso enfatizzato questo significato) a varie scale e livelli (igiene, sicurezza, inquinamento, ad esempio). Si può dire, quindi, che si è ripreso, ma conciliandolo con esigenze esperienziali e di dotazioni tecnologiche contemporanee, il concetto di una progettazione dello spazio domestico quasi di matrice neo-razionalista, attenta ai lay-out distributivi in funzione dell’esposizione/orientamento, ai materiali e agli arredi, tutti elementi che siano di “salvaguardia” per l’abitante e la sua qualità “abitativa” e di vita”, ma anche si coniuga tutto ciò con un approccio olistico all’insegna di un “wellbeing” generale e anche con una specifica attenzione alla sostenibilità (ambientale, sociale e culturale, economica...). La relazione con gli spazi esterni, e in particolare con l’”aria” e la possibilità di svolgere all’aperto alcuni momenti della propria quotidianità domestica è un’esigenza sorta dalla pandemia che sta trasformando l’offerta di molte unità abitative residenziali sul mercato immobiliare, con la presenza sempre più marcata di spazi esterni (balconi, logge, porticati, terrazzi) intesi non come semplici “appendici” ma come spazi e aree fondamentali per garantire il benessere degli abitanti e implementare la qualità dell’abitare. 

 

 

Personalizzazione e confort elevato: a casa come in hotel

 

Oggetti di design iconici, complementi e accessori, interazione con elementi sensoriali: luce, colore, microclima, isolamento acustico.

 

Guardando all’organizzazione della casa al suo interno, se consideriamo la zona notte, ma anche le zone a queste accessorie (bagno, lavanderie, guardaroba e cabine armadio...), possiamo riscontrare come queste diventino sempre più importanti: se le abitazioni nelle grandi metropoli occidentali sono in molti casi di dimensioni ridotte, ecco che la loro progettazione e arredamento dovrebbe essere intesa più come riferita a “suite” neo-alberghiere (anche di piccole dimensioni), che ad abitazioni di tipo tradizionale. Alloggi di “piccola taglia” ma ad elevato comfort e anche personalizzazione (per esempio attraverso la scelta di elementi oggettuali, ma anche di finiture, altamente iconiche) e con un forte livello di flessibilità e polivalenza in cui è la zona notte ad avere (anche) un ruolo sempre più importante. Il riposo, il relax, la cura del corpo, l’intimità con le persone partner… diventano elementi basilari per un benessere globale, sia di tipo medico (igiene e cura del sonno come garante della salute del proprio sistema immunitario individuale), ma anche psicologico e relazionale. Un’idea di abitare, quindi, che trasforma profondamente lo spazio domestico: nella sua distribuzione, nelle finiture, negli arredi, componenti, complementi e accessori, fino all’interazione con gli elementi sensoriali: luce, colore, microclima, isolamento acustico. E si evidenzia in particolare la necessità di un bilanciamento fra esigenze private e esigenze pubbliche, fra “esclusività e privacy” da un lato e “condivisione e socializzazione” dall’altro, e questo anche in relazione alla presenza nello spazio domestico, per lo sviluppo delle tecnologie digitali, di attività lavorative “on line e da remoto” introdotte massicciamente a partire dall’emergenza pandemica. 

 

 

La casa come palcoscenico interattivo e multimediale

 

Accanto alla zona notte, che forse è il nuovo “cuore” del “buon abitare”, dove il letto è sempre più una piattaforma multifunzionale (anche dove poter lavorare), proprio sul modello di molte camere e suite d’hotel, anche gli spazi cucina acquisiscono una nuova dimensione, per la preparazione e il consumo dei cibi ma anche per l’incontro e la condivisione fra i diversi abitanti e ospiti, così come per lo svolgimento di altre attività (lavoro e intrattenimento). Come la zona notte condiziona sempre di più una parte fondamentale delle nuove case anche la cucina si estende nelle zone soggiorno:  il living  spesso “non” ingloba la “zona cucina” ma soprattutto in ridotte metrature è proprio la cucina anche in relazione al ruolo e all’importanza di sistemi d’arredo e delle dotazioni tecnologiche (isole, penisole, contenitori, nuovi elettrodomestici ed impianti sempre più intelligenti) a inglobare lo spazio del soggiorno:  quest’ultimo centrato soprattutto intorno al divano, altra piattaforma polifunzionale al pari dell’elemento letto, e alla relazione con gli schermi (in certi casi sempre più integrati nello spazio e negli arredi) e con i  vari devices e componenti dell’”IOT”  invisibili e mimetizzati nell’allestimento e nell’arredo. Potremmo quindi dire che la “casa” assomigli sempre di più ad un palcoscenico interattivo e multimediale in cui però non è “il teatro” a porsi come riferimento archetipico principale, bensì lo studio televisivo, nel suo essere elemento ibrido di transizione e relazione fra “reale” e “virtuale”, fra “analogico” e “digitale”, specchio, quindi, di un nuovo life style domestico.

 

 
 

*Politecnico di Milano

 

Francesco Scullica, architetto, Ph.d. in architettura degli interni, professore ordinario in disegno industriale presso il dipartimento di Design del Politecnico di Milano, è presidente/coordinatore del corso di studi in Design degli Interni (laurea triennale) e in Interior and Spatial design (laurea magistrale) della Scuola del Design del Politecnico di Milano. Svolge attività didattica, di ricerca e consulenza sull’interior design su cui è autore di diverse ricerche, scritti, pubblicazioni e su cui coordina convegni, conferenze e tavole rotonde. È direttore scientifico di master post-universitari in relazione ai nuovi scenari dell’interior design.

 

Nell’ambito del design degli spazi interni rivolge particolare attenzione ai nuovi format degli spazi domestici, del lavoro, dell’ospitalità, dell’intrattenimento e del benessere/cura. 

 

Per Fiera Milano fra i 2017 e il 2019 è stato il direttore e il curatore scientifico di HOMI-Hybrid Lounge, innovativo spazio polivalente dedicato all’esposizione dei principali trends nel settore delle finiture e dei materiali per l’interior design, nonché luogo di incontro, relazione e dibattito fra i diversi attori dell’interior design (progettisti, consulenti, aziende, giornalisti). Sempre per Fiera Milano ha poi coordinato e moderato talk significativi in relazione agli scenari e alle tendenze per l’ospitalità (presso Host) e per l’abitare (Milano-Design Week).