In occasione della Milano Design Week, abbiamo avuto il privilegio di incontrare la celebre trend forecaster Lidewij Edelkoort presso la Altai Gallery.
La nostra conversazione ha toccato temi molto interessanti, tra cui il suo ruolo di direttrice artistica della collezione di tappeti "Garden" in collaborazione con l’azienda argentina El Espartano. Inoltre, Lidewij ci ha presentato il suo innovativo master "Textiles from Farm to Fabric to Fashion" presso Polimoda, destinato a rivoluzionare l'industria tessile. Abbiamo anche approfondito la sua visione del design italiano e le tendenze di interior design che prevede plasmeranno il futuro.
INTERVISTA DI: AKGÜN AKDİL
In collaborazione con il rinomato produttore argentino di tappeti El Espartano, hai presentato la splendida collezione intitolata “Garden” di cui sei stata direttrice artistica, esposta allo Spazio Rossana Orlandi durante la Milano Design Week. Puoi raccontarci questo progetto?
Viviamo tempi difficili. Le persone hanno bisogno di più oggetti e design in grado di trasmettere gioia e felicità. I colori e i fiori giocano un ruolo importante in questo contesto. Abbiamo voluto progettare una collezione di tappeti dai colori decisi e vivaci. Siccome la natura è parte della cultura ed è fonte di ispirazione sin dalla nascita dell’espressione creativa, abbiamo deciso di creare un giardino senza tempo ispirato ai ricordi dell'infanzia, caratterizzato da fiori disegnati liberamente in modo naïf, foglie ritagliate, collage di elementi botanici e un’aiuola. La collezione include i disegni dell'artista brasiliano Sergio Machado. Intitolata "Garden", si ispira alla natura e cattura l'essenza di arti e tecniche come l'acquerello e il collage. Tessute con filati 100% lana, le forme irregolari dell'intera collezione sottolineano uno spirito giocoso ed evidenziano lo stile organico e la libertà delle linee dell'artista nel processo creativo.
Hai qualche progetto o collaborazione in vista simile a questo progetto recente incentrato sui tappeti?
Abbiamo in serbo un progetto per la Paris Design Week di settembre. Forse lo porteremo anche in altri Paesi, credo che questo progetto avrà una lunga vita perché potrebbe toccare diverse città anche in Sud America.
Puoi parlarci del progetto “Textiles from Farm to Fabric to Fashion”, il master che tieni al Polimoda di Firenze?
Ho fondato il progetto insieme a Philip Fimmano tre anni fa. È un master incentrato sul tessile che si chiama "Textiles from Farm to Fabric to Fashion". E abbiamo anche lanciato un progetto chiamato "Textiles from Farm to Fabric to Furniture".
Molto interessante!
Ci occuperemo anche di tessuti per interni al Polimoda. Ci aspettiamo studenti da tutto il mondo. L'obiettivo di questo master è spingere le persone a connettersi direttamente con la Terra, prima di iniziare a pensare ad altro. È veramente incentrato sulle radici del materiale nel mondo animale e vegetale al fine di conoscere i diversi tipi di fibre, capirle, ascoltarle, usarle per realizzare filati e poi, in seguito, iniziare a creare tessuti. Questa prima parte, che dura quattro mesi, è davvero unica, non esistono al mondo corsi come questo. Quindi i miei studenti conoscono le fibre nei filati meglio di qualsiasi altro nel settore.
Fantastico!
Sì, quindi penso che saranno molto produttivi in futuro, nel settore e nel loro percorso lavorativo, perché hanno una conoscenza molto vasta e imparano dalle persone più straordinarie al mondo. Vengono da New York, da Tokyo, dall'India. Diventano bravissimi, come accade per l’alta moda. Ogni due settimane presentiamo una fibra nuova. Gli studenti recepiscono quindi gli insegnamenti e la filosofia di queste persone straordinarie. La parte teorica ha un grande valore commerciale. Nei quattro mesi successivi, poi, imparano a creare tessuti: apprendono la tessitura, il cucito, la follatura e il macramè.
Il macramè va molto di moda negli ultimi anni.
Nell’anno successivo, gli studenti dedicano quattro mesi all’arte della decorazione dei tessuti, affinando la loro visione creativa. Imparano a realizzare un'arricciatura con stampa, plissettatura e cucitura. Poi ricameranno, useranno perline e applique, dipingeranno e stamperanno.
Si tratta quindi di un mix di moda e decorazione.
Non è un mix: è moda. In futuro ci occuperemo anche di mobili. Siamo giunti agli ultimi quattro mesi, ora gli studenti stanno lavorando alla loro visione, ai loro capi di abbigliamento, utilizzando i tessuti e la loro conoscenza, le tecnologie, la vision e la passione. Siamo quindi molto curiosi di vedere i primi risultati. Non sappiamo ancora nulla. Non hanno avuto il tempo di studiare la moda. Si tratta quindi di una "mise en scène", una sorta di proiezione della loro conoscenza del tessuto. L’anno prossimo ripeteremo il corso, specializzandoci però nell’arredamento.
È davvero il progetto più stimolante e unico che ho sentito negli ultimi tempi.
Voglio mantenere una certa unicità, cerco sempre di creare nuovi corsi e nuovi programmi. Amo le scuole di design. Grazie a questo corso, ora so che l’istruzione può cambiare il mondo. Ho visto i miei studenti trasformarsi in persone davvero diverse, dall’incredibile valore spirituale. L’impatto dell’istruzione è enorme.
Hai fondato il New York Textile Month. Puoi spiegarci meglio l’evento e il suo significato?
Per il New York Textile Month ho iniziato a lavorare con la nuova scuola. New York non è molto attenta al tessile, quindi volevo che i miei studenti ricevessero una buona accoglienza. Ho deciso di creare un festival: il New York Textile Month. Il programma include tante mostre, laboratori, opere e visite incentrate sul settore tessile. È un progetto di grande successo. Credo includa 35 o 40 eventi, è molto apprezzato e sempre più persone arrivano a New York a settembre, anche da altri Paesi. Sta diventando il centro di un dibattito importante sul tessile.
Il tuo entusiasmo per i tessuti è davvero genuino: è chiaramente una tua passione.
Sì, Philip Fimmano ed io abbiamo curato la nostra prima mostra molto tempo fa, forse più di 10 anni fa a Milano, in uno showroom di moda. Ci hanno affidato una stanza speciale e abbiamo deciso di fare una mostra sullo stato del settore tessile nel mondo intitolata "Talking Textiles". Il pubblico è rimasto molto stupito perché non aveva mai visto quei tessuti in una mostra. Ho dovuto attendere a lungo per vedere mostre sui tessuti, ma ora ce ne sono molte, ci sono tanti eventi dedicati ai tessuti e alle fibre nei musei e nelle gallerie. È un bel risultato. Penso che abbiamo giocato un ruolo importante, abbiamo davvero alimentato il discorso sul tessile e non smettiamo mai di lavorare e parlarne.
Il vostro contributo all'innovazione tessile è encomiabile. Quale pensate sia il vostro impatto sulla comunità?
Sì, credo che il tessile sia un dono in grado di rendere felici le persone. I tessuti sono facili, non hanno troppe pretese: si possono trasportare facilmente, puoi cambiarli di stanza in stanza o di abito in abito. Sono molto versatili. Nel mio caso, i bei tessuti mi rendono felice, nel design d’interni come nella moda.
Che ne pensi delle attuali tendenze del design italiano, in particolare nel settore della decorazione?
Per quanto riguarda il design italiano, stanno succedendo molte cose nello stesso momento. Certo, l’Italia ha alle spalle una lunga storia di design, un savoir-faire che permette di sviluppare tecniche straordinarie. Ad esempio, gli italiani sono bravissimi a gestire il colore, molto più che altri Paesi. Anche in questo momento in cui la moda opta per tonalità più neutre, c’è chi vuole introdurlo... beh, gli italiani l’hanno già fatto. Hanno un talento naturale per la perfezione. Sono perfezionisti, a volte fin troppo. Ora mi sto occupando delle tendenze di Parigi, perché la Ville Lumière è al centro dell’attenzione. Parigi è tutt’altro che perfetta: a Parigi non si può essere perfetti, bisogna che ci sia sempre un po’ di imperfezione. È la "conditio sine qua non" dello chic parigino. Penso che in Italia si ricerchi sempre la perfezione, ma a volte è necessario dare una piccola scossa. L’Italia, però, ha una grande storia, un grande savoir-faire, una grande visione, una grande innovazione. L'Italia è design. Agricoltura e design. Il design è senza dubbio una parola chiave di questo Paese. Anche i materiali sono splendidi: marmi, graniti, pellami, tessuti incredibili... Credo che ora l'Italia si sia molto aperta alle collaborazioni con realtà di altri Paesi. È meno xenofoba, l’Italia ha ritrovato se stessa e si apre molto, il che credo sia un elemento molto positivo.
Quali Paesi sono sotto il tuo radar per osservare i trend emergenti?
Guarda, io osservo tutto, ma non vado alla ricerca delle tendenze nello specifico. I trend ce li ho dentro, sono nel mio cervello, nella mia intuizione. Certo, quando viaggio mi guardo intorno. Però non vado a fare ricerche, soprattutto non faccio ricerche di mercato. Ci sono paesi molto interessanti, come la Corea, ma questo lo sanno tutti.
Ci puoi raccontare le tue previsioni sul futuro degli spazi abitativi, le tendenze riguardanti l’housing e l’interior design?
Penso che la casa stia diventando un ambiente sempre più fluido: non c’è più bisogno di tanti confini tra una stanza e l’altra. Forse non è una questione di stabilità: forse noi continuiamo a cambiare e a muoverci più degli interni in cui viviamo. Penso ci sia un bisogno crescente di improvvisazione, sicuramente più felicità. Abbiamo bisogno di più felicità nelle nostre case, abbiamo bisogno di più tessuti nelle nostre case. Ecco perché vogliamo creare nuovi maestri del tessile. È molto difficile generalizzare, perché ogni stanza ha la sua storia. Direi che la stanza in cui si stanno registrando più progressi è la camera da letto. Finalmente ci stiamo liberando dei nostri scheletri nell’armadio: da luogo segreto, la camera da letto sta diventando sempre più un open space in cui ci divertiamo, guardiamo film e serie, giochiamo ai giochi da tavolo o con i bambini e gli animali domestici, leggiamo e ceniamo. In sostanza, la camera da letto sta diventando il nuovo salotto. È fantastico perché implica un cambiamento anche per quanto riguarda la biancheria e i tessuti. La biancheria da letto come la conosciamo cambierà. Forse anche i tessuti e i colori non saranno più quelli tradizionalmente riservati a questo ambiente.
Nel post-covid, hai evidenziato i trend del Sud del mondo e hai curato un libro intitolato “Proud South”. Hai anche raccontato di come le persone sono sempre più intenzionate a lasciare il loro posto di lavoro. Adesso cosa ne pensi?
La gente continua a voler lavorare meno. Sempre meno. È una tendenza generale. Le persone si spostano sempre di più, sono sempre più nomadi. Non importa se possono lavorare ovunque: se fa troppo caldo, si spostano. Se fa troppo freddo, si spostano di nuovo. Stiamo diventando migranti climatici e questa tendenza si sta confermando. Le persone vogliono una migliore atmosfera lavorativa, cercano più umanità. Le aziende, quindi, devono trattare i dipendenti con estrema cautela, perché le persone richiedono parità.
Che cosa consigli ai venditori che vogliono attirare l’attenzione delle nuove generazioni e soddisfare i bisogni dei clienti in continua evoluzione?
L’idea che sia necessario animare lo spazio credo stia andando in una direzione sbagliata. In realtà, il focus dovrebbe essere il prodotto. Ormai tutto ruota intorno all’intrattenimento e alla connessione con i clienti. Film, video, musica, piante... a prescindere dall’attività. Ovviamente tutti aprono bar, ci mettono dentro dei fiori... fanno tutti le stesse cose. Ma in realtà anche un negozietto piccolo può funzionare, se ha i prodotti giusti. Non occorre nient’altro. Sta tutto nel concept e nei prodotti. Serve più concentrazione, più nobiltà, più umanità, un contatto umano con i clienti. Bisogna anticipare ciò che i clienti vogliono, fare in modo che li attenda qualcosa di speciale. Il succo è che il rapporto non è più esclusivamente online: si tratta di rapporti umani, veri, reali.
Hai detto che dopo la pandemie le persone hanno cambiato le loro preferenze riguardo a dove vogliono vivere: le persone di sinistra preferiscono le aree rurali, mentre quelle di destra gravitano verso i centri urbani. Quali implicazioni prevedi per questo cambiamento?
Credo che cambierà la demografia. Molte persone vengono dalla città, dovremo aspettare e vedere cosa succede. Al momento non si può dire, penso ci voglia ancora un po’ di tempo.
Qual è il tuo prossimo progetto?
Ho progettato nuove carte di colori basate sui fiori, perché credo che l’importanza dei fiori crescerà.
Ho visto molti marchi incentrati sui fiori al Salone del Mobile.
Viviamo un periodo stressante e abbiamo bisogno di giardini e fiori. Non si tratta solo di natura: parliamo di fiori nello specifico. Sto lavorando sulla mia macro tendenza nella moda, ovvero la fluidità della società. È molto interessante. Creerò un dossier per i clienti che vogliono creare borse negli USA. Poi inizierò a lavorare per un’azienda molto importante nel settore automotive, e poi lavoreremo con un’azienda nel settore della gioielleria e dell’orologeria. C’è da rimboccarsi le maniche!